Finora erano stati sequenziati solo brevi tratti di DNA mitocondriale da resti umani e animali. La scoperta rappresenta un importante progresso nella comprensione della storia genetica e della vita della popolazione dell’epoca.
Un gruppo di scienziati italiani è riuscito per la prima volta a determinare la sequenza e completamente genoma umano di una persona morta a PompeiItalia, dopo l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C
Finora erano stati sequenziati solo brevi tratti di DNA mitocondriale da resti umani e animali pompeiani. La scoperta fa luce sulla diversità genetica che esisteva all’epoca.
Il ricercatore dell’Università di Copenhagen (Danimarca) Gabriele Scorrano ei suoi colleghi hanno esaminato i resti di due individui trovati nella Casa dell’Artigiano di Pompei e ne hanno estratto il DNA. Pubblicano i risultati in rapporti scientifici.
La forma, la struttura e la lunghezza degli scheletri indicavano che uno dei le spoglie appartenevano a un uomo che aveva tra i 35 ei 40 anni al momento della sua mortementre gli altri resti appartenevano a una donna sulla cinquantina.
Il DNA delle ossa di un uomo morto durante l’eruzione vulcanica che ha consumato Pompei nel 79 d.C. è stato utilizzato per sequenziare il suo genoma https://t.co/T8CCKj3gBP
— Nuovo scienziato (@giornalista) 27 maggio 2022
Sebbene gli autori siano stati in grado di estrarre e sequenziare il DNA antico da entrambi gli individui, sono stati in grado di sequenziare solo l’intero genoma dei resti maschili a causa delle lacune nelle sequenze ottenute dai resti femminili.
I confronti del DNA dell’uomo con quello di altri 1.030 individui antichi e 471 moderni dell’Eurasia occidentale hanno suggerito che il suo DNA somigliava di più a quello degli italiani centrali moderni e di altri individui vissuti in Italia durante l’era imperiale romana.
Elevati livelli di diversità genetica in tutta la penisola italiana
in ogni caso, il l’analisi del DNA mitocondriale e del cromosoma Y maschile ha anche identificato gruppi di geni comunemente presenti in quelli del isola di Sardegnama non tra gli altri individui vissuti in Italia durante l’età imperiale romana.
In questo modo, e grazie alle ampie informazioni archeologiche raccolte, i ricercatori hanno concluso che, a seguito del crescente spostamento di persone attraverso il territorio dell’Impero Romano, nel I secolo d.C. c’era un alto grado di diversità genetica sulla intero territorio.
Gli studi hanno anche trovato il batterio Mycobacterium tuberculosis nel DNA dell’uomo, un reperto che supporta l’idea che la tubercolosi durante la Roma Imperiale fosse una malattia endemica diffusa in tutto il territorio, cosa già notata nei loro antichi scritti medici. come Areteo di Cappadocia e Celio Aurelanio.
Allo stesso modo, questo suggerisce che la persona studiata avrebbe potuto essere affetta da tubercolosi prima della sua morte.
I materiali rilasciati durante l’eruzione avrebbero conservato il DNA
Gli autori ipotizzano di aver recuperato con successo il DNA antico dai resti dell’individuo maschio, poiché i materiali piroclastici rilasciati durante l’eruzione potrebbero aver fornito protezione contro i fattori ambientali che scompongono il DNA, come l’ossigeno dall’aria.
I risultati dimostrano la possibilità di recuperare il DNA antico dai resti umani di Pompei e forniscono maggiori informazioni sulla storia genetica e di vita di questa popolazione, aggiungono.